Lavoro e alcol
Consumo ed infortuni
Il Piano Sanitario Nazionale ha evidenziato e
rimarcato che l'assunzione di alcolici rende i lavoratori più
inclini a
comportamenti ad alto rischio, per se stessi e per gli altri e rende
inadeguate le condizioni psicofisiche rispetto a quanto richiesto,
sotto il profilo della sicurezza, dall'attività lavorativa
svolta.
Il
consumo di alcol ha quindi ripercussioni significative sia sul fenomeno
infortunistico nel nostro paese sia sull'aumento dell'assenteismo dal
lavoro per malattia, con conseguente disagio organizzativo nell'ambito
aziendale e con pesanti oneri sulla produttività e di
riflesso sulla
collettività.
In un'indagine svolta su 20.000
volontari si è
evidenziato che il 14% dei lavoratori ha un'alcolemia compresa tra 0,3
e o,40 g/l, cioè in una fascia ritenuta di allarme; l'1,8%
presenta
valori fino a 1 g/l e lo 0,2% ha tassi di alcolemia superiori mentre
l'84% presenta valori alcolemici inferiori a 0,2 g/l.
Nel 2000, una indagine svolta negli Stati Uniti dal NHSDA (National Household Survey on Drug Abuse), ha rivelato che il 7,4% delle 107,3 milioni di persone di età compresa tra i 18 ed i 49 anni che compongono la forza lavoro, ha problemi di vera e propria dipendenza dall'alcol.
In Gran Bretagna, alcuni dati riportati dal sito dell'Alchemy project e riguardanti ricerche condotte dall'Alcoholconcern, dall'Health and Safety executive e dall'Institute of Personnel and Development, riportano la seguenti stime: circa il 75% di coloro che fanno uso di alcol sono lavoratori e circa il 75% delle aziende intervistate ha confermato che spesso le assenze sono dovute all'assunzione di alcol.
Nel Veneto lo studio "Conoscere per cambiare",
effettuato nel 2001 dalla F.I.M.M.G. e condotto da 2.269 medici di
famiglia convenzionati (63,6%) coinvolgendo nella rilevazione circa
62.000 assistiti, evidenzia alcuni importanti aspetti culturali e
atteggiamenti personali rispetto il consumo di bevande alcoliche ed il
fumo di tabacco.
L'elaborazione dei 59.304 questionari
autocompilati
(circa il 2% degli assistiti come previsto dal protocollo di studio)
permette di definire in dettaglio i risultati.
Il 52.3%
degli
intervistati sono persone con un lavoro stabile (il 38.4% sono
lavoratori dipendenti e il 13.9% sono lavoratori autonomi), la quota
rimanente è rappresentata da pensionati, casalinghe,
studenti.
Per quanto riguarda il consumo di bevande alcoliche è stato
usato il test C.A.G.E
con
risultati predittivi che forniscono una chiara indicazione alla
programmazione di interventi preventivi della patologia alcol correlata
(P.A.C.) per circa il 18% della popolazione. Abbiamo infatti un 11,9%
di risposte positive ad almeno una delle 4 domande. Questo risultato
indica che si tratta di persone a rischio per le modalità di
bere. Il
6,3% di persone con due risposte positive indica invece le persone con
modalità pericolose di bere. Un altro 3,5% di persone ha
risposto
positivamente a 3 o 4 domande il che indica un livello crescente di
dipendenza da alcol e quindi la necessità di interventi
specialistici.
Nel
Veneto, un'indagine svolta dallo SPISAL di Mestre su 1246 lavoratori ha
evidenziato che il 17,4% di loro consumava oltre 1/l di vino al
giorno.
Un'altra
indagine effettuata dallo SPISAL di Verona, sullo stato di salute dei
lavoratori edili, ha documentato che il 26% della popolazione
considerata assume da ½ a 1 l/die di vino ed il 10% consuma
oltre 1
l/die di vino. L'analisi statistica ha anche evidenziato una relazione
inversa tra età e quantità di vino assunte: in
particolare oltre il 50%
degli astemi aveva meno di 32 anni.
Un lavoro svolto dallo
SPISAL
di Conegliano Veneto ha analizzato la correlazione tra gli infortuni
sul lavoro e il livello di alcolemia in 429 lavoratori pervenuti al
Pronto Soccorso a seguito di infortunio sul lavoro. Il 37% di questi
presentava tracce di alcol nel sangue, il 3% presentava valori di
alcolemia superiori a 0,4 g/l e l'1,4% superiori a 0,8 g/l.
Comparto | Infortuni | Alcolemia (media e DS) in g/l |
Industria | 266 | 0,04 /- 0,09 |
Artigianato | 75 | 0,07 /- 0,28 |
Agricoltura | 43 | 0,13 /- 0,38 |
Edilizia | 26 | 0,10 /- 0,23 |
Terziario | 19 | 0,03 /- 0,05 |
Tab: livelli medi di alcolemia in funzione del comparto produttivo
I livelli più elevati di alcolemia
sono stati
riscontrati alle ore 14, 16 e 18, evidenziando un'abitudine consolidata
di consumare alcolici nelle ore pomeridiane. L'età media dei
lavoratori
che avevano assunto alcolici è risultata essere
significatamene più
elevata rispetto a coloro che non ne avevano assunti. Tra i lavoratori
infortunatasi il sabato e la domenica (34 casi), sono stati rilevati
livelli di alcolemia significatamene superiori rispetto a quelli
infortunatisi negli altri giorni della settimana.
Gli autori
sottolineano il dato relativo all'elevato numero di soggetti con tracce
di alcol nel sangue, nettamente superiore a quanto evidenziato in studi
analoghi.
Alcoldipendenza e promozione della salute negli ambienti di lavoro
In alcune realtà lavorative si possono riscontrare
casi di
dipendenza tra i lavoratori che spesso rendono estremamente pericolosa,
anche per i colleghi, l'attività lavorativa, specie se tali
persone
sono adibite a mansioni particolari come la guida di mezzi di
sollevamento, il controllo di impianti o di macchinari complessi.
Da
un punto di vista medico legale attualmente si possono affrontare
queste situazioni sulla base della legge 30 marzo 2001 n. 125.
L'articolo
n. 15 di questa che viene definita la legge quadro in materia di alcol
e di problemi alcolcorrelati, applica ai lavoratori affetti da
patologie alcolcorrelate che intendano accedere ai programmi
terapeutici e di riabilitazione, l'articolo 124 del testo unico delle
leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze
psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di
tossicodipendenza, approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309. L'art. 124 attribuisce ai lavoratori
tossicodipendenti, assunti a tempo indeterminato, il diritto di
conservazione del posto di lavoro. Questo solo per il tempo necessario
al recupero e, comunque, non oltre i 3 anni. Tale diritto è
subordinato
all'accesso ai trattamenti riabilitativi presso i servizi delle ULSS o
di altre strutture terapeutico-riabilitative e socio-assistenziali.
L'articolo
15 della legge n. 125 prevede, inoltre, la specifica individuazione,
con decreto del Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale, di
concerto con il Ministro della Sanità, delle
attività lavorative
comportanti un elevato rischio di infortuni sul lavoro, ovvero per la
sicurezza, l'incolumità o la salute dei terzi, per le quali
è fatto
divieto di assunzione e di somministrazione di bevande alcoliche e
superalcoliche, con verifica del controllo alcolimetrico sia da parte
del medico competente, previsto dal D. Lgs. 626/94, sia da parte dei
servizi sanitari di vigilanza.
Di fronte al dipendente con
problemi
legati all'uso di sostanze (alcol o droga) il datore di lavoro spesso
assume uno di questi due comportamenti:
- rifiuto, con rapido ricorso al licenziamento;
- accettazione paternalistica, più facilmente nei confronti di alcolisti piuttosto che di altri tossicodipendenti. Ciò comporta la sottovalutazione del problema e delle sue conseguenze.
I casi di alcolismo conclamato sono solo l'epifenomeno di una
realtà
validamente dimostrata dallo studio della FIMMG (riportato
più sopra)
che ha dimostrato l'esistenza di una quota molto maggiore di persone
con comportamenti pericolosi o a rischio per le modalità del
bere.
Considerato tutto questo, la logica più corretta è
quella della
Promozione della Salute: partire dalla nuova prospettiva che sposta
l'attenzione dalla cura degli individui malati alla tutela, prevenzione
e miglioramento della salute degli individui sani mentre vivono,
lavorano, trascorrono il tempo libero in diversi ambienti e
organizzazioni.
Si propone perciò un
"approccio preventivo"
per combattere il fenomeno della dipendenza nei luoghi di lavoro. Si
tratta di una scelta che l'Azienda fa consapevolmente e volontariamente
per ottenere risultati duraturi e misurabili nel tempo, qualora ritenga
di dover affrontare questo problema perchè presente tra i
propri
dipendenti.
La proposta di progetti aziendali di Promozione della Salute prevede:
- inserire nella valutazione dei rischi aziendali il problema della presenza del rischio da dipendenza da sostanze tra i lavoratori;
- prudentemente, i lavoratori identificati affetti da questo tipo di problematiche, vanno inseriti in attività lavorative compatibili con il loro stato di salute, scelte in collaborazione con il medico competente laddove sia previsto oppure in collaborazione con lo SPISAL;
- il datore di lavoro decide di avviare un Progetto di Promozione della Salute, atto ad affrontare il problema, spostando l'attenzione dalla cura delle persone ammalate alla tutela, prevenzione e miglioramento della salute di tutta la popolazione aziendale. L'azienda può inserire l'intervento contro la dipendenza in un ambito più ampio (stili di vita) che favorisca il modificare o l'abbandono di comportamenti dannosi e l'adozione di nuove abitudini di vita, favorevoli alla salute;
- la strategia per ottenere questi obiettivi prevede che il datore di lavoro coinvolga i soggetti aziendali per la prevenzione (il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP), il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS), il medico competente) e i Servizi competenti della U.L.S.S. (quali S.P.I.S.A.L., Ser.T, S.I.L) e all'occorrenza il volontariato sociale (ACAT, A.A.);
- gli strumenti utilizzabili, secondo un programma di azioni definite, sono diversi: informazione e formazione dei lavoratori, counselling da parte del medico competente, regolamenti aziendali e attribuzioni di responsabilità di controllo, interventi di case management nei confronti dei soggetti che possono essere seguiti in azienda oppure inserimento di lavoratori in percorsi terapeutici e riabilitativi con il coinvolgimento del medico di base.